Questa è una lettera che parla di Movimenta e di +Europa, ed è una lettera aperta perché solo così può diventare una conversazione. Non solo con voi, ma con tutti coloro che stanno magari considerando di unirsi a noi.
Alessandro Fusacchia
Anzitutto condivido tra noi — ancorché pubblicamente — le riflessioni che ho maturato nelle ultime settimane, alla luce della campagna elettorale che ho fatto in Europa, dei racconti che hanno condiviso altri candidati (di Movimenta e non) nello stesso o in altri collegi, così come dell’esito elettorale e dei primi sviluppi relativi a +Europa che ci sono stati in questi venti giorni trascorsi dal voto.
Partirei da tre segnali tutt’altro che deboli che emergono con forza e di cui dobbiamo tenere conto per la nostra attività politica futura.
- Il primo è che non hanno vinto solo i nazionalisti e i sovranisti. Lo scontro non è stato solo tra europeisti e sostenitori della società chiusa, ma tra “sistema” e “anti-sistema”. In tantissimi hanno votato non necessariamente per qualcosa, ma contro qualcuno: l’establishment, inteso come il raggruppamento di coloro che da posizioni di rendita mantengono in vita un sistema ingessato, fatto di favori e clientele, che non lascia a disposizione risorse (economiche, di tempo, di attenzione) per chi non ne fa parte. La promessa fatta negli ultimi anni di una discontinuità della classe politica e dirigente — servita per arrivare al potere ma non mantenuta una volta iniziato l’esercizio del potere — ha aumentato il senso di impotenza dei cittadini. Anzi, al crescere della frustrazione di questi ultimi, sono cresciuti l’arroccamento e il tasso di autoreferenzialità di chi si era messo al comando.
- Il secondo segnale importante riguarda l’attenzione — direi quasi l’empatia — con chi in questi anni è rimasto indietro o comunque ha sentito di non avere un’opportunità. In una fase storica di grave e protratto malessere, e di insofferenza per un Paese bloccato, siamo stati poco in grado di spiegare e convincere che abbiamo non solo la credibilità, ma prima di tutto la volontà di lottare contro le crescenti disuguaglianze e di garantire l’effettivo esercizio del diritto che l’art. 34 della Costituzione riserva ai capaci e meritevoli. Non siamo riusciti a trasmettere alle persone che sentiamo il loro disagio economico e sociale e che la rimozione di questo disagio è la nostra priorità. Un disagio diffuso, a diversi livelli di gravità, dalla famiglia che non arriva a fine mese, al papà cinquantenne che fino a ieri faceva un lavoro poco qualificato e che si ritrova improvvisamente per strada; alla ragazza che non vede occasioni di emancipazione, se non oltre frontiera. Abbiamo tutti gli argomenti per smontare le risposte inadeguate che a questo disagio e a questa insofferenza danno gli altri, ma non abbiamo prestato abbastanza attenzione al fatto che le persone si aspettano una risposta che parla non di politica macro-economica, ma della loro quotidianità. Di ciò che non hanno oggi. Di ciò che possono essere domani.
- Il terzo segnale ha a che fare con la fisicità della politica. E con la necessità di prendere atto che la fisicità associata alla singola battaglia, alla singola raccolta firme, non è più sufficiente per generare il consenso che oggi serve per avere un impatto strutturale e di sistema che vada oltre quella battaglia stessa. Oggi che non ci sono più presidi sociali sui territori, l’ascolto quotidiano dei cittadini e la lettura “in diretta” di cosa sta succedendo — a loro e nel mondo — nelle periferie delle medie città, nei piccoli centri urbani, per non parlare delle aree più interne e isolate, non può più essere lasciato senza contraddittorio ai cinquestelle o ai leghisti. Esiste un potenziale di aggregazione civica e politica che cresce, non diminuisce, con il permanere dell’influenza della televisione e con l’aumento della pervasività del web. E noi abbiamo bisogno di questafisicità. Abbiamo bisogno di essere conosciuti e toccati, per poter essere riconosciuti e perché la gente senta che siamo fatti di carne. Che siamo veri. Non mi sfugge: tutto questo rappresenta uno sforzo enorme. Tutto questo presenta un rischio enorme. Ma dobbiamo farlo. Dobbiamo correrlo. Alla nostra maniera.
Vengo a Movimenta.
Dal primo giorno, e con convinzione, abbiamo sostenuto l’idea di una lista europeista guidata da Emma Bonino.
Abbiamo contribuito a raccogliere oltre 1.300 disponibilità a firmare quando questo sembrava ancora lo scoglio più grande da superare. Per quanto riguarda le liste dei candidati, ci è stata data grande libertà e responsabilità nella circorscrizione Europa, dove la lista alla Camera era composta per metà di soci fondatori di Movimenta, e dove anche tutti gli altri candidati esprimevano storie coerenti con il messaggio che volevamo portare avanti. Per il resto, abbiamo avuto come candidati che sono iscritti a Movimenta il nostro tesoriere Francesco Galtieri in America Settentrionale, Federica Thiene in Veneto, Mara Mucci in Lombardia, Sergio Stumpo in Calabria. Allo stesso tempo, sono dispiaciuto perché non abbiamo potuto contribuire al programma come avremmo voluto. Sappiamo tutti che quando si mette in moto una macchina per un’elezione si finisce inevitabilmente per fare ciò che si può, non sempre ciò che si vuole. Ed è quindi comprensibile la difficoltà di gestione e inclusione da parte di chi ha organizzato il lavoro di tutti. Ma su tanti temi avremmo potuto esprimere molto di più, ed io posso solo chiedervi scusa per non essere riuscito a creare in quella fase un adeguato spazio di confronto interno con i promotori di +EUROPA. In generale, ci è mancata quella possibilità di partecipare in quanto associazione che avevo auspicato e che ci avrebbe permesso di rendere riconoscibile, e motivare ulteriormente, lo sforzo di ciascuno di voi e di rendere più agevole la leva sulle tante realtà associative e territoriali con cui negli anni abbiamo costruito rapporti di buon vicinato e fiducia…